Due amiche insieme, ma distanti, lavorano per documentare le specie botaniche presenti su due territori lontani: *Lago di Garda e dintorni *Sardegna costa di Cagliari e suo entroterra... e non solo .......anche rilevamenti, foto, scambio di informazioni,suggerimenti.

domenica 28 febbraio 2010

Hemerocallis "Little business"

Acquarello su carta 290mm x 350mm



Premiato tre volte dall' American Hemerocallis Society. Cultivar dai piccoli fiori vellutati color fragola-cremisi. Produce un gran numero di boccioli che fioriscono a lungo e rifioriscono a fine estate.
Altezza stelo cm 45 - Diametro fiore cm 7 - Medio-Rifiorente
       Lisa Usai
                                                                                                                 

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sabato 27 febbraio 2010

Hemerocallis "Custard Candy"

Acquarello su carta (particolare)

Hemerocallis 'Custard Candy'

Fiore perfettamente tondeggiante con i petali ricurvi color crema e alone rosso mattone.

Gli Hemerocallis sono piante perenni rustiche, robuste, di facile coltura e adatte a tutti, anche ai pollici meno verdi. Chiunque abbia un angolo esposto al sole o a mezz’ombra, può godere delle sue splendide fioriture. Sopportano bene i rigidissimi inverni (-18°) come le torride estati e si adattano a qualsiasi tipo di terreno. Sono poco soggetti all’attacco di insetti e malattie. Si possono coltivare sia in giardino che in vaso.
Regalano prolungate fioriture estive quando manca il colore degli arbusti primaverili e di altre erbacee perenni. I fiori hanno colori stupendi e coprono tutte le tinte e sfumature immaginabili. Hanno un’infinita varietà di forme e altezze dai piccoli e delicati ai più grandi e vistosi. Il loro fogliame ricadente riempie le bordure creando una tessitura ricca e intrigante. Combinando le numerose varietà, è possibile godere della loro bellezza per diversi mesi dell’anno. (http://www.vivaioicampi.it/)
                                                                                                                            Lisa Usai
                                                                                                             

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venerdì 26 febbraio 2010

R u c o l a



                   Eruca vesicaria, fam. cruciferae-acquerello su carta cm 41 x21
Esposto a Londra  nell'Aprile 2008, presso la "The Botanical Palette"  The Society of Botanical Artists International Open  Exhibition 
Il sapore acre e bruciante è messo in evidenza dal nome del genere, dal latino urere. Pianta erbacea, al più lignificata alla base, annua o bienne, con foglie lirate e sparse. Fiori regolari con quattro sepali e quattro petali liberi; gli stami sono sei, due più brevi degli altri quattro; ovario supero di due carpelli da cui deriva un frutto secco deiscente aprentesi con due valve; i semi sono inseriti su un setto traslucido (replo). Il frutto, decisamente allungato, è detto  siliqua non lomentacea poichè non presenta alcuna strozzature tra seme e seme. Il nome della famiglia cruciferae non  deriva da uno dei generi più rappresentativi, come di consueto, ma dalla disposizione a croce degli elementi floreali. L'eruca sativa, cioè la rucola selvatica, è diffusa come infestante e ruderale dalla pianura al piano collinare ed è presente in abbondanza nei nostri prati dell'entroterra gardesano.Trattasi di pianta mellifera.
 Sia selvatica (con aroma più deciso) che coltivata (dal gusto più dolce)è una verdura dalle spiccate funzioni digestive e tonificanti generali. La famiglia delle crucifere, che comprende tutti i tipi di cavolo, rafano, rapa, ravanello, è importante per l'alimentazione perchè attiva i processi metabolici di costruzione e nella cicatrizzazione dei tessuti.

                  Renata

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giovedì 11 febbraio 2010

COLLETTIVA DI ARTISTI SIRMIONESI


Cari Amici,
anche quest'anno prenderò parte alla Mostra Collettiva di Artisti Sirmionesi: Vi invito ad andare a vederla. Si terrà  a PALAZZO CALLAS (Centro storico di Sirmione) dal 23 FEBBRAIO  al 21 MARZO 2010
Orari: venerdì ore 16.00-19.00    sabato e domenica ore 10.30-12.30 e 16.00-20.00. Ingresso libero.
Vi aspetto!!!     Renata

lunedì 8 febbraio 2010

Anacamptis papilionacea (L.) R.M. Bateman, Pridgeon & M.W. Chase = Orchis papilionacea L.


Anacamptis papilionacea (L.) R.M. Bateman, Pridgeon & M.W. Chase = Orchis papilionacea L. rilevamento  del maggio 2008 su collina Morenica  del Lago di Garda ,costa bresciana.
acquerello su carta cm 31x41


Esperti a livello europeo hanno da tempo condotto uno studio approfondito sul genere orchis, in quanto alcune specie presentavano caratteristiche più simili ad altri gruppi. Il risultato di questo approfondimento ha portato a nuove nomenclature pubblicate in un  libro uscito lo scorso luglio. L'analisi molecolare che  confronta il loro DNA è la seguente: il numero cromosomico dell'Orchis papilionacea è 2n=32, quello dell'Anacamptis è 2n=36 . Per questo motivo la Paplilionacea è diventata Anacamptis papilionacea.
Visto che il cambiamento è da poco avvenuto, resta ancora in uso la vecchia denominazione o si possono usare entrambe, secondo la  propria preferenza.
Per la descrizione di questa specie vi rimando alla scheda già qui pubblicata  in gennaio, in quanto trattasi della medesima specie rilevata in Sardegna e presentata da Lisa. Segnalo comunque che, sul Lago di Garda, fiorisce da aprile a giugno. Gli esemplari da me osservati sono sempre piccoli da 10 a 18 cm. al massimo.
Le informazioni sul DNA  si trovano sul libro Ochidee spontanee del Veneto, Corrado Lazzari, CIERRE Ediz. e su  http://www.funghiitaliani.it - Discussioni e Documenti Generali sulle Orchidee- Nuova Tassonomia per alcune specie del Genere Orchis.
Renata

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sabato 6 febbraio 2010

Punica granatum - Proprietà benefiche

         Part. di acquarello su carta                   
                               
Oggi il melograno cresce spontaneamente nelle regioni mediterranee dell'Asia e dell'Europa ed è largamente diffuso anche in Nord America.  Anche in Italia il melograno è abbastanza diffuso e coltivato, specialmente nelle zone dove il clima è più mite, poiché teme l'umidità del terreno e dell'aria. 
I suoi fiori sono di colore rosso scarlatto e sono racchiusi in una specie di guscio tondeggiante che presenta alcuni petali sulla sommità. Anche i semi sono di colore rosso e "vantano" un succo dolce e dissetante, ricco di proprietà salutari.

Anticamente si pensava che il succo del melograno rappresentasse il sangue del dio Dioniso, e sembra che la dea dell'amore, Afrodite, lo avesse piantato sulla terra in suo onore. Fin dai tempi antichi la melagrana è stata considerata il frutto della fertilità: in alcune popolazioni infatti, le spose lo utilizzavano per predire il numero di figli che sarebbero nati e spesso venivano intrecciati tra i capelli i rami del melograno, come augurio di fecondità; il simbolo di questo frutto è quindi l'abbondanza. Inoltre, la fitoterapia e numerose recenti ricerchi, attribuiscono al melograno numerose proprietà benefiche sia nelle radici (proprietà antibatterica e antielmintica in grado di combattere la tenia), sia nel frutto (sostanze polifenoliche che combattono le patologie vascolari). I polifenoli sono infatti sostanze antiossidanti, contenute in numerosi alimenti, molto utili per combattere le degenerazioni dell'apparato vascolare. Ulteriori studi hanno anche evidenziato che la melagrana ha anche un effetto gastroprotettivo sullo stomaco. Anche in Italia il melograno è abbastanza diffuso e coltivato, specialmente nelle zone dove il clima è più mite, poiché teme l'umidità del terreno e dell'aria. A seconda dei suoi frutti può essere considerato, agro-dolce o dolce e non sempre i suoi frutti risultano commestibili. Le varietà maggiormente conosciute in Italia sono: Dente di Cavallo, Neirana, Profeta Partanna, Selinunte, Ragana e Racalmuto, varietà adatte ad essere consumate fresche. I suoi frutti maturano in autunno.

Le numerose e benefiche proprietà del melograno.

La benefica proprietà antiossidante del succo della Melagrana, è paragonabile soltanto al tè verde, grazie anche ad alcune analisi alle quali il frutto è stato sottoposto, che hanno confermato questa tesi. I notevoli benefici sull'apparato cardiovascolare e la prevenzione di patologie coronariche e arteriosclerosi, sono indiscutibili: tuttavia per goderne al massimo, occorre però unire al consumo del succo di melagrana, anche uno stile di vita corretto e quindi adottare un'alimentazione corretta, evitare la vita sedentaria e l'abuso di fumo e alcol. Ma gli effetti benefici non sono tutti qui: una ricerca israeliana condotta da Michael Aviram, biochimico presso Lipid Research Laboratory del Medical center Rambam di Haifa, indica che questo frutto ha delle proprietà terapeutiche, e anche antitumorali: il succo di melograno, secondo la ricerca, sembra essere addirittura tossico nei confronti delle cellule tumorali. In particolar modo i benefici "anti cancro"sono stati rilevati in numerosi casi di tumore al seno. Ma non solo: il melograno possiede anche l'acido ellagico (una sostanza riscontrata anche nei lamponi, nelle fragole, nelle noci) che, secondo gli studiosi, provoca la morte delle cellule "anomale". Una nuova recente ricerca, ha evidenziato anche il beneficio di questo frutto nel combattere i disturbi della menopausa, in particolare la depressione e la fragilità ossea.
Gli antiossidanti "fenolici" che troviamo concentrati nei frutti, hanno dimostrato un'importante azione preventiva nelle malattie cardiovascolari, agendo positivamente sull'arteriosclerosi, responsabile dell'80% delle morti tra i pazienti diabetici in America. Anche contro il morbo di Alzheimer il succo della melagrana si è dimostrato benefico: un bicchiere al giorno regala un effetto "barriera" e dimezza le proteine "killer". Ulteriori nuove ricerche americane hanno dimostrato l'efficace proprietà di questa pianta nel combattere batteri, funghi e virus così come hanno sottolineato i positivi risultati ottenuti dal succo di melagrana, rispetto all'artrite, poiché viene inibita la degradazione della cartilagine e viene preservata la funzionalità e l'integrità dell'articolazione.

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Particolare di acquarello su carta.

Il Melograno (Punica granatum) appartiene alla Famiglia delle Punicaceae, genere Punica, specie P. granatum. E' una pianta antichissima che proviene dalle regioni del sud-ovest asiatico ed è presente sin dall'antichità nel Caucaso, e nell'intera zona mediterranea.Il nome "melograno" deriva dal Latino pomum (mela) e granatus (con semi). Questo ha dato origini a diverse varianti linguistiche, l’ inglese “Pomegranate” o il tedesco “Granatapfel" (mela coi semi).
In inglese antico era noto con il nome di "apple of Grenada" (mela di Granada). La città spagnola di Granada ha infatti nello stemma un frutto di melograno. In spagnolo (granada) ed in antico francese (la grenade) significavano appunto melograno e la denominazione della città spagnola deriva dalla introduzione del frutto operata dalla dominazione moresca in Spagna.
In italiano il nome melograno è derivato direttamente dal latino: malum punicum o malum granatum; in italiano il frutto è nominato col termine di “melagrana”. Una radice del nome del melograno deriva dall'antico egiziano "rmn", da questo deriva l'ebraico rimmôn, e l'arabo rummân. Dagli arabi il termine passò poi ad altri linguaggi, come il portoghese (romã) o il maltese ("rummien").
Il nome di genere Punica deriva dal nome romano della regione geografica costiera della Tunisia, e della omonima popolazione, chiamata “cartaginese”,una popolazione di estrazione fenicia che colonizzò quel territorio nel sesto secolo a.C.; le piante furono così nominate perché a Roma giunsero i melograni da quella regione.

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lunedì 1 febbraio 2010

Vitis Vinifera "Praxoxa niedda"

Acquarello su carta cm 42 x 39

La Sardegna è un'isola dalla splendida produzione enologica. In questa regione, la viticoltura costituisce un ottimo incrocio di modernità e tradizione. Quest'ultima è stata notevolmente influenzata nel corso dei secoli dalle invasioni subite dall'isola.
Sono sempre più numerosi i produttori che, in tempi recenti, hanno scelto di concentrare la loro attività sui vitigni indigeni e desueti vitigni antichi sardi, tra i quali si contano Cannonau, Semidano, Moscato, Monica, Vermentino, Nasco, Nuragus e la Vernaccia di Oristano, Nieddera.
I Sardi coltivano la vite da circa 3200 anni, un altro pezzo infatti si aggiunge al complesso puzzle storico-archeologico ed ora anche eno-gastronomico delle antiche popolazioni Nuragiche. Pare proprio che il popolo sardo di quel periodo conoscesse la vite, la coltivassero e producessero pure del buon vino.
Ciò contrasterebbe fortemente con le teorie tradizionali (ed ormai smentite dalle più moderne ricerche) che vogliono la vite e la viticoltura e l'arte della vinificazione come originarie del Medio Oriente ed importate di lì in Sardegna solo grazie ai Fenici.
Durante gli scavi archeologici che hanno interessato il sito nuragico di ''Sa Osa'', in territorio di Cabras, nella golena del Tirso, sono emersi conservati con cura nel fondo di un pozzo d'epoca Nuragica, bronzo medio, 3200 anni fa, dei reperti alimentari e segnatamente dei semi di uva e di fico riposti, conservati con cura. I primi insediamenti fenici nell'isola si ebbero tra il nono e il settimo secolo a.C., migliaia di anni dopo; questa è un ulteriore conferma di ciò che già altre ricerche avevano detto in passato.

 Analizzare i semi degli acini d'uva ci può svelare qualche altro segreto. «La morfologia dei vinaccioli (presso il nuraghe di Villanovaforru, ndr) ci dice che si tratta di una vite tra selvatica e coltivata, il che significa che comunque è un vitigno locale» (Philippe Marinval, ricercatore francese). Per la precisione si tratterebbe di Cannonau, il vino più antico del Mediterraneo.
«Due laboratori enologici in eccezionale stato di conservazione, con vasche per la pigiatura, bacili, basi e contrappesi dei torchi, nonché recipienti di vario uso, in ceramica e vetro erano presenti nei livelli di riutilizzazione degli spazi in Età romana nel grande complesso del Nuraghe Arrubiu di Orroli». Lo scavo ha permesso di recuperare anche una certa quantità di vinaccioli carbonizzati, rivelatisi appartenenti a un vitigno ancora coltivato nell'Isola, denominato a seconda delle diverse località «Bovale sardo» o «Muristellu».

Questo acquarello su carta ritrae due grappoli d'uva che apparterrebbero ad un vitigno autoctono sardo che è conosciuto nel campidanese col nome di "Praxoxa niedda".Tradotto significherebbe "uva nera", ma la sua particolarità sta nella antica tradizione di consumare quest'uva dagli acini nerissimi e dolcissimi. Nel secolo scorso si coglieva tardivamente nel periodo di Natale e veniva consumata durante le feste. Ancora non ho raccolto soddisfacenti informazioni su quest'uva tanto conosciuta dai nostri nonni, ma invito chiunque voglia contribuire ad ampliare la sua scheda botanica. Lisa Usai

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